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    maggio 29, 2012

    Il nuovo F24 semplificato – Debutto dal 1° giugno 2012

    Il nuovo F24 semplificato
    Con provvedimento del 25 maggio 2012 l’Agenzia delle Entrate ha approvato il nuovo modello “F24 semplificato” per pagare e compensare le imposte erariali, sia regionali che degli enti locali, compresa l’IMU (Imposta Municipale Unica), presso gli sportelli degli agenti della riscossione, delle banche convenzionate e degli uffici postali. È opportuno ricordare che l‘importo massimo compensabile è pari a 516.456,90 euro e che non può essere presentato un modello F24 con saldo finale a credito. Il modello è composto da una sola facciata (monopagina) contente due distinte di pagamento, una per il contribuente e l’altra per l’ente che riscuote. Ciascuna distinta contiene due sezioni: una rubricata “contribuente”, nella quale occorre indicare il codice fiscale ed i dati anagrafici di chi effettua il versamento e l’altra denominata “motivo del pagamento”. Quest’ultima andrà compilata nel seguente modo:  nella colonna “sezione” occorre indicare il destinatario del versamento: “ER” (erario) o “RG” (regione) o “EL” (ente locale), nelle colonne successive devono essere inseriti il codice tributo, il codice ente per il quale si effettua il versamento, la rata che si sta pagando e il numero di rate prescelto (ad es. se si paga la seconda di sei rate si scriverà 0206, se invece il contribuente paga l’importo a titolo di saldo o in un’unica soluzione si indica 0101), l’anno di riferimento espresso in quattro cifre (ad es. 2012) e gli importi con le prime due cifre decimali. Al termine della compilazione il modello va firmato dal contribuente.
    Se questo nuovo modello verrà utilizzato per versare l’IMU occorrerà indicare nella colonna “sezione” il codice “EL”, nello spazio “codice ente“ il codice catastale, costituito da quattro caratteri, del Comune nel cui territorio sono situati gli immobili (es. B354 per Cagliari); occorrerà barrare la casella “ravv.” se il pagamento si riferisce al ravvedimento, la casella “immob. variati” qualora siano intervenute delle variazioni per uno o più immobili che richiedano la presentazione della dichiarazione di variazione, la casella “acc.” se il pagamento si riferisce all’acconto, la casella “saldo” se il pagamento si riferisce al saldo, mentre se il pagamento è effettuato in unica soluzione per acconto e saldo si dovranno barrare entrambe le caselle; nello spazio “numero immobili” occorrerà indicare il numero degli immobili (massimo 3 cifre), nello spazio “anno di riferimento” si indicherà l’anno d’imposta cui si riferisce il pagamento e negli spazi “detrazione”, “importi a debito versati” ed “importi a credito compensati” si scriveranno le relative somme. Nella sezione “motivi del pagamento” c’è anche lo spazio “rateazione” che potrà essere utilizzato se e con le indicazioni diffuse dalla stessa Agenzia.
    Il nuovo modello F24 è reso disponibile per il download a partire dal 1° giugno 2012 sul sito dell`Agenzia delle Entrate e sempre a partire da tale data e` soppresso il “modello F24 predeterminato” per l`esecuzione dei versamenti dell`imposta comunale sugli immobili approvato il 15 giugno 2004, ferma restando la possibilità di utilizzare i modelli precompilati già distribuiti ai contribuenti.

    Allegato F24 Semplificato

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    marzo 9, 2012

    Modelli 730 – Novità 2012

    Le novità del modello 730/2012

    Figlie delle ultime manovre economiche, come la manovra di ferragosto, la legge di stabilità ed il decreto “Salva Italia”, sono diverse le novità fiscali che trovano posto nel modello 730 del 2012.

    Prima fra tutte, l’introduzione della cedolare secca (imposta sostitutiva del 21 per cento o del 19 per cento) sulle locazioni degli immobili ad uso abitativo ubicati sull’intero territorio nazionale. È stato ridisegnato il nuovo quadro B con l’introduzione di apposite colonne per indicare i dati dei contratti di locazione con cedolare secca (ne abbiamo parlato in questo articolo).Una delle più importanti novità introdotta nel 2011 è l’eliminazione dell’obbligo di inviare la comunicazione di inizio lavori al Centro Operativo di Pescara, nel caso in cui il contribuente intende beneficiare della detrazione del 36% per le spese di ristrutturazione edilizia.

    Dato che l’articolo 7, co2, lett. q del D.L. n.70 del 13 maggio 2011 (cosiddetto “decreto sviluppo”) prevede che i dati debbano essere indicati nella dichiarazione dei redditi, il modello 730/2012 ha previsto un apposito restyling per tener conto di questa novità.La Sezione III (Detrazione d’imposta) del modello 730/2012 viene suddivisa in due sottosezioni. La sezione III/A che corrisponde alla vecchia Sezione III del modello 730 dell’anno precedente, nella quale vanno indicati i dati utili ai fini del calcolo della detrazione; e la Sezione III/B nella quale vanno indicati i dati catastali identificatvi dell’immobile e gli altri dati richiesti ai fini del controllo della detrazione.

    Anche la nuova imposta municipale propria (cosiddetta IMU), introdotta dall’art. 13 del D.Lgs. n. 201/2011, trova posto nel nuovo modello 730/2012.
    La nuova imposta trova la sua collocazione nel Quadro I – IMU del modello 730/2012 (ex Quadro I – ICI): in sintesi, cambia il nome, ma non la sostanza  dato che il nuovo quadro svolge sempre la stessa funzione del precedente e cioè permettere al contribuente di utilizzare l’eventuale credito derivante dal modello di dichiarazione 730/2012 per il pagamento dell’IMU dovuta per l’anno 2012 mediante compensazione nel modello F24.

    L’introduzione a carico dei contribuenti titolari di un reddito complessivo superiore a 300.000 euro lordi annui, a decorrere dall’anno 2011 del contributo di solidarietà (art. 2, commi 1, 1-bis e 2, del D.L. n. 138 del 13 agosto 2011), nella misura del 3 per cento da applicarsi sulla parte eccedente il predetto importo, ha risvolti nel modello 730/2012 con l’inserimento della nuova sezione VI e dei nuovi righi 83, 84 e 85 nel Mod. 730-3 dove vanno inseriti la base imponibile, il contributo dovuto e quello trattenuto dal sostituto d’imposta e dei righi 102 e 122 dove va indicato l’importo del contributo da trattenere a cura del sostituto d’imposta per il dichiarante e per il coniuge.

    Nel rigo C5 trova posto l’agevolazione prevista sulle somme percepite per incremento di produttività, in attuazione di quanto previsto da accordi o contratti collettivi territoriali o aziendali, consistente nell’applicazione di un’imposta sostitutiva dell’Irpef e delle addizionali, pari al 10%, nel limite di 6.000 euro lordi.
    Sono interessati dalla norma i lavoratori dipendenti del settore privato, titolari di contratto di lavoro subordinato a tempo determinato o indeterminato che nel periodo compreso tra il 1° gennaio ed il 31 dicembre 2011 hanno percepito compensi per incrementi della produttività ed il datore di lavoro ha assoggettato questi compensi ad imposta sostitutiva (10%), entro i limiti di 6.000 euro oppure ha assoggettato gli stessi a tassazione ordinaria.

    La proroga della detrazione riconosciuta per il personale del comparto sicurezza, difesa e soccorso (art. 4, c. 3 del D.L. 185/2008 modificato dall’art. 1 comma 47 della L. n. 220/2010), determinata dal sostituto d’imposta entro il limite di 141,90 euro trova posto nel rigo 14 del modello 730/2012.
    L’agevolazione spetta ai lavoratori che nell’anno 2010 hanno percepito un reddito di lavoro dipendente non superiore a 35.000 euro.

    Trova spazio nei righi da E61 a E63 la proroga della detrazione del 55% per le spese relative agli interventi finalizzati al risparmio energetico. Per le spese sostenute nel 2011 la detrazione è ripartita in dieci rate annuali di pari importo, mentre per le spese sostenute a partire dal 2009 la detrazione è ripartita in cinque rate annuali.
    Le spese sostenute nel 2008 continuano a essere quelle scelte da tre a dieci, salvo il caso di rideterminazione del numero delle rate (cinque).

    Per ulteriori novità scrivi allo Staff dello Studio

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    marzo 8, 2012

    Contributo unificato – Esempio di compilazione del modello F23

    L’art. 37 del D.L. 98/2011 (G.U. n. 155 del 6-7-2011), modificando il DPR 115/2002 ha introdotto anche nel contenzioso tributario il contributo unificato che ha sostituito l’imposta di bollo mutando radicalmente il sistema di tassazione degli atti processuali.
    Il contributo unificato, dovuto per i ricorsi notificati dal 7.7.2011, deve essere determinato in base al valore della causa intendendosi per tale la maggiore imposta contestata nell’atto impugnato al netto degli interessi e delle eventuali sanzioni. Per le controversie relative esclusivamente alle irrogazioni di sanzioni, il valore è costituito dalla somma delle stesse.
    Il versamento del contributo unificato per i ricorsi principali ed incidentali proposti avanti le Commissione Tributarie Provinciali e Regionali è dovuto nelle seguenti misure:

    VALORE CONTROVERSIA AMMONTARE
    CONTRIBUTO UNIFICATO
    Fino € 2.582,28 € 30
    oltre € 2.582,28 fino a € 5.000 € 60
    oltre € 5.000 fino a € 25.000 € 120
    oltre € 25.000 fino a € 75.000 € 250
    oltre € 75.000 fino a € 200.000 € 500
    oltre € 200.000 € 1.500

    Il pagamento del contributo unificato può essere effettuato anche mediante modello F23, recandosi presso gli sportelli bancari, gli uffici postali, i concessionari della riscossione o in via telematica.
    Per la compilazione del modello F23 occorre far riferimento alle istruzioni alla compilazione del suddetto modello e alla risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 60 del 27.02.2002.
    Di seguito si propone esempio di compilazione del modello F23 nell’ipotesi di contribuente che abbia impugnato una cartella di pagamento nei confronti sia dell’Agenzia delle Entrate Direzione Provinciale di Cagliari che ha emesso il ruolo, sia di Equitalia in qualità di Agente della Riscossione. Le imposte iscritte a ruolo al netto di sanzioni ed interessi, ammontano a complessivi Euro 10.000,00. Il ricorso è stato proposto innanzi la Commissione Tributaria Provinciale di Cagliari.
    In tal senso si evidenzia che:
    – nel “campo 4” devono essere indicate le generalità del ricorrente ed il suo codice fiscale;
    – nel “campo 5” devono essere indicate, invece, le generalità del resistente;
    – nel “campo 6” della sezione inerente i dati del versamento, deve essere indicato il codice dell’ufficio giudiziario adito secondo l’elenco di cui alla tabella “B” dell’allegato 6 al D.M. 17.12.98 (tale elenco aggiornato al 30.09.2011 è consultabile dal file allegato in calce); nel nostro esempio occorre riportare il codice V53.
    – nel “campo 8” occorre indicare il codice “01”, come prescritto dalle istruzioni alla compilazione del modello F23;
    – nel “campo 10”, nello spazio denominato “numero” si deve indicare il numero in cifre delle parti convenute in giudizio oltre quella le cui generalità sono state indicate nel “campo 5”. Cosi in caso di ricorso proposto e notificato nei confronti di due enti (ad esempio ricorso notificato sia alla competente Direzione Provinciale dell’Agenzia delle Entrate sia ad Equitalia) si deve indicare nel campo 10 il numero “1
    nel “campo 11” si deve indicare il codice tributo “941T
    nel “campo 12” occorre indicare la descrizione “Contributo unificato di iscrizione a ruolo
    nel “campo 13” si deve indicare l’importo del contributo unificato, che nel nostro esempio ammonta a 120,00 euro.

    Tabella F23 – Codici Enti 30.09.2011

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    settembre 20, 2011

    MANOVRA FINANZIARIA 2011 – TAGLI ALLE AGEVOLAZIONI FISCALI SULLA PRIMA CASA

    Passata la legge sulla Manovra Finanziaria 2011 iniziano a scoprirsi i primi altarini sulle conseguenze del provvedimento che dovrebbe salvare l’Italia dalla crisi economica. Peccato che a rimetterci sia sempre il portafoglio dei cittadini e mai quello della Casta. Oltre 10 miliardi di euro di sconti fiscali per la casa subiranno tagli dalla manovra economica.
    Le nuove misure colpiranno tutti: chi possiede l’immobile in cui abita, chi lo dà in affitto, chi esegue lavori di ristrutturazione, chi stipula contratti di locazione come inquilino.
    I tagli previsti nella clausola di salvaguardia della stessa manovra incideranno su detrazioni e deduzioni (cioè agevolazioni che consentono di ridurre la base imponibile su cui vengono calcolate le imposte) ed arriveranno in due tranches:
    – nel 2013 gli sconti fiscali saranno ridotti del 5% (per un gettito di circa 500 milioni di euro);
    – nel 2014 le agevolazioni saranno ridotte del 20% (per un ammontare di 2 miliardi di euro).
    L’Irpef sulla prima casa era stata abolita 10 anni fa, con l’introduzione della deduzione integrale della rendita catastale dalla dichiarazione dei redditi. Con le nuove norme, la rendita catastale dovrà essere sommata al reddito imponibile ai fini Irpef. In pratica, nel 2013 chi possiede una casa pagherà il 5% della rendita catastale dell’immobile; poi, nel 2014, le tasse aumenteranno per un importo pari al 20% della stessa rendita dell’unità abitativa e delle relative pertinenze. Poiché la rendita catastale è una tariffa d’estimo per gli immobili – in sostanza, è una valutazione stabilita in base al numero dei vani, al luogo in cui sorge l’immobile, ai suoi pregi costruttivi, ecc. – si prevedono differenze di esborsi, anche a livello regionale: infatti, alcune città (come Milano) hanno in programma aumenti degli estimi catastali.
    I proprietari di prime case, oltre al ritorno dell’Irpef, subiranno tagli alle agevolazioni, a cominciare da quelli concessi per l’acquisto. Sarà ridotta la detrazione Irpef per gli interessi passivi pagati sui mutui prima casa (19% su un tetto massimo di spesa di 4.000 euro annui) e verrà limitata pure la detrazione Irpef per le provvigioni pagate ai mediatori immobiliari per comprare l’abitazione principale (19% su un importo massimo di 1.000 euro annui).
    Effetti sul ritorno dell’Irpef nel 2014, nell’ipotesi di una rendita catastale di 1.000 euro:
    – chi ha un reddito lordo di 25.000 euro annui dal 2014 pagherà l’Irpef prima casa sul 20% della rendita catastale, cioè 54 euro in più;
    – per chi guadagna 50.000 euro lordi all’anno, l’Irpef prima casa comporterà un costo aggiuntivo di 76 euro;
    – per chi ha un reddito annuo lordo di 70.000 euro, le tasse aumenteranno di 82 euro, sempre nell’ipotesi di una rendita catastale di 1.000 euro;
    – chi ha un reddito di 100.000 euro lordi all’anno dal 2014 pagherà 86 euro di Irpef sulla prima casa.                                                                                                                                          Queste misure andranno a colpire, ancora una volta, i redditi medio-bassi cioè quelli dei lavoratori dipendenti e pensionati su cui graverà gran parte del “carico fiscale” pendente sugli Italiani. Infatti da soli, queste categorie garantiscono ben l’“82%” dell’intero gettito Irpef.

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    Modello di domanda condono liti fiscali pendenti 2011

    L’Agenzia delle Entrate ha  approvato il modello per la domanda di definizione delle liti fiscali pendenti al 1° maggio 2011, di valore non superiore a 20.000 Euro.
    Con il provvedimento n. 2011/119854 del 13 settembre 2011, dell’Agenzia delle Entrate è stato approvato il modello di domanda per la definizione delle liti fiscali pendenti al 1° maggio 2011, di valore non superiore a 20.000 Euro.
    Il modello è composto da:
    – un frontespizio
    – alcune sezioni ove il contribuente dovrà inserire alcuni dati e precisamente:
    1) dato inizio al contenzioso;
    2) chi presenta l’istanza;
    3) la causa di riferimento.
    L’istanza dovrà essere inviata per via telematica, e per ciascuna lite, andrà prodotta una distinta domanda di definizione entro e non oltre il 2 aprile 2012, attraverso i soggetti abilitati o presso una qualsiasi direzione provinciale delle Entrate.
    La data a partire dalla quale sarà possibile inviare il modello, verrà comunicata successivamente dall’Agenzia delle Entrate con un’ulteriore nota.                                                 In allegato il modello di presentazione della domanda di condono.

    Approvazione modello domanda condono liti fiscali pendenti

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    luglio 27, 2011

    Da luglio 2011 cambia ancora il ravvedimento operoso

    Il DL 98/2011, convertito in Legge 111/2011, introduce una nuova modalità di ravvedimento nel caso il contribuente che non abbia pagato le imposte provveda a farlo entro pochi giorni dalla scadenza originaria del debito.

    Il ravvedimento “sprint” può essere effettuato entro i 14 giorni successivi alla scadenza del termine per il versamento, il ravvedimento “breve” o “mensile” può essere effettuato dal quindicesimo giorno fino al trentesimo giorno successivo alla scadenza; il ravvedimento “lungo” o “annuale” può essere effettuato entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa all’anno nel corso del quale è commessa la violazione.

    Si tratta di una terza via che potrà essere utilizzata per sanare pagamenti entro i 14 giorni successivi alla scadenza del termine per il versamento, che va ad aggiungersi ai già esistenti “ravvedimento breve” e “ravvedimento lungo” e che consentirà di pagare sanzioni più leggere nell’ordine dello 0,2% per ogni giorno di ritardo. Si riporta la normativa in materia di ritardati od omessi versamenti.

    L’art. 13, co. 1, del D.Lgs. 471/97, prevede che “chi non esegue, in tutto o in parte, alle prescritte scadenze, i versamenti in acconto, i versamenti periodici, il versamento di conguaglio o a saldo dell’imposta risultante dalla dichiarazione, detratto in questi casi l’ammontare dei versamenti periodici e in acconto, ancorché non effettuati, è soggetto a sanzione amministrativa pari al trenta per cento di ogni importo non versato, anche quando, in seguito alla correzione di errori materiali o di calcolo rilevati in sede di controllo della dichiarazione annuale, risulti una maggiore imposta o una minore eccedenza detraibile. Per i versamenti riguardanti crediti assistiti integralmente da forme di garanzia reale o personale previste dalla legge o riconosciute dall’amministrazione finanziaria, effettuati con un ritardo non superiore a quindici giorni, la sanzione di cui al primo periodo, oltre a quanto previsto dalla lettera a) del comma 1 dell’articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, è ulteriormente ridotta ad un importo pari ad un quindicesimo per ciascun giorno di ritardo”.

    L’art. 13, co. 1, lett. a), del D.Lgs. 472/97 stabilisce invece che “la sanzione è ridotta, sempreché la violazione non sia stata già constatata e comunque non siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento delle quali l’autore o i soggetti solidalmente obbligati, abbiano avuto formale conoscenza:

    a) ad un decimo del minimo nei casi di mancato pagamento del tributo o di un acconto, se esso viene eseguito nel termine di trenta giorni dalla data della sua commissione;

    b) ad un ottavo del minimo, se la regolarizzazione degli errori e delle omissioni, anche se incidenti sulla determinazione o sul pagamento del tributo, avviene entro il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all’anno nel corso del quale è stata commessa la violazione ovvero, quando non è prevista dichiarazione periodica, entro un anno dall’omissione o dall’errore”.

    La manovra correttiva è intervenuta sul 1° comma dell’art.13 del D.Lgs. 471/97 e, nell’intento di raggiungere la finalità di coordinare l’entità delle sanzioni al ritardo dei versamenti, ha soppresso l’espressione “Per i versamenti riguardanti crediti assistiti integralmente da forme di garanzia reale o personale previste dalla legge o riconosciute dall’amministrazione finanziaria”, estendendo a tutti i versamenti tributari il ravvedimento “sprint” che prima era concesso solo per gli omessi versamenti di tributi che erano oggetto di garanzia a favore dell’Erario.

    La norma infatti prevede che per i versamenti effettuati con un ritardo non superiore a quindici giorni, la sanzione del 30%, oltre a quanto previsto dalla lettera a) del comma 1 dell’articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, è ulteriormente ridotta ad un importo pari ad un quindicesimo per ciascun giorno di ritardo. In pratica il 3% di sanzione del cosiddetto “ravvedimento breve” si riduce ulteriormente a un importo pari allo 0,2% per ogni giorno di ritardo rispetto alla scadenza originaria del debito d’imposta. Si tratta di una generale riduzione della sanzione riservata al contribuente che si dimentica di pagare le imposte ma che rimedia con pochi giorni di ritardo; una misura che ovviamente cresce con il passare dei giorni sino ad arrivare al limite massimo del quindicesimo giorno, quando lascia il posto al ravvedimento breve.

    Quella introdotta è una novità nella normativa del ravvedimento operoso che risponde alla finalità di rendere l’impianto sanzionatorio più graduale, rafforzando l’aderenza della sanzione stessa alla gravità dell’adempimento. Un esempio esplicativo potrà chiarire meglio la portata del nuovo provvedimento.

    Si consideri un contribuente che non abbia pagato l’IVA relativa al mese di giugno 2011 di euro 1.000, in scadenza il 18 luglio 2011 e che lo faccia il 27 luglio 2011, con un ritardo di nove giorni rispetto all’ordinaria scadenza. La sanzione prevista col “ravvedimento sprint” sarebbe quella dello 0,2% per ogni giorno di ritardo: in totale 1,80%. Nel mod. F24 il contribuente dovrà indicare:

    1. l’importo di 3.000 euro con il codice tributo 6006, per il versamento dell’IVA;
    2. l’importo di 54 euro con il codice tributo 8904 per la sanzione dell’1,80% sui nove giorni di ritardo;
    3. l’importo di 1,11 euro di interessi legali per gli otto giorni, calcolati con il tasso annuo dell’1,5%, con il codice 1991 “interessi sul ravvedimento – IVA”. L’importo totale dovuto sarà pari ad euro 3.055,11.

    A mio avviso il ravvedimento su un ritardo di 14 giorni non è conveniente, posto che la sanzione relativa a 14 giorni è pari al 2,80%, rispetto al 3% se il ritardo non supera i 30 giorni.

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    maggio 17, 2011

    La cedolare secca sugli affitti

    Il decreto legislativo del 14 marzo 2011 n. 23 (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 67 del 23 marzo 2011), concernente “Disposizioni in materia di federalismo fiscale municipale”, all’articolo 3 reca le disposizioni in materia di “cedolare secca sugli affitti”. In particolare, il citato articolo 3 prevede un regime di tassazione facoltativo degli immobili ad uso abitativo locati per finalità abitative e per le relative pertinenze locate congiuntamente all’abitazione. Il proprietario o il titolare di diritto reale di godimento di unità immobiliari locate ad uso abitativo può optare per il nuovo regime, in alternativa rispetto al regime ordinario vigente per la tassazione del reddito fondiario ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche.
    Soggetti e immobili interessati alla cedolare secca
    Al regime della cedolare possono aderire solo le persone fisiche, mentre ne restano esclusi i lavoratori autonomi e le imprese. Inoltre, per poter esercitare l’opzione bisogna essere proprietari dell’immobile o titolari di diritti reali di godimento di unità immobiliari abitative locate.
    La cedolare secca può interessare tutti gli immobili a uso abitativo. L’immobile locato, infatti, deve avere le seguenti caratteristiche:
    – essere un’unità abitativa con accatastamento da A1 a A11, con la sola esclusione di quelle classificate come A10, cioè uffici;
    – essere adibito ad abitazione.
    L’imposta sostitutiva si applica anche alla pertinenza, o più pertinenze (non più di tre), dell’immobile locato, a condizione che sia affittata congiuntamente a esso.
    Aliquote relative alla cedolare secca
    Sul canone di locazione annuo stabilito dalle parti (canone libero di durata 4 + 4 anni), la cedolare secca si applica in ragione di un’aliquota fissa del 21%.
    Per i contratti a canone convenzionato relativi a immobili ubicati in Comuni ad alta densità abitativa (durata 3 + 2 anni) l’aliquota della cedolare sul canone pattuito dalle parti è ridotta al 19%.
    Esercizio dell’opzione
    Il soggetto che intende avvalersi del regime della cedolare secca esercita l’opzione in sede di registrazione del contratto, mediante il software di compilazione S.I.R.I.A., ove sussistano le condizioni per il suo utilizzo, ovvero mediante il modello 69 cartaceo. In caso di proroga, anche tacita, del contratto di locazione, l’opzione è esercitata nel termine per il versamento dell’imposta di registro, mediante il modello 69.
    Qualora vi siano due o più locatori, persone fisiche titolari del diritto di proprietà o di altro diritto reale di godimento sull’immobile ad uso abitativo e delle relative pertinenze locate congiuntamente all’abitazione, l’opzione deve essere esercitata distintamente da ciascun locatore ed esplica efficacia solo in capo a coloro che l’hanno esercitata.
    I locatori che non esercitano l’opzione sono tenuti al versamento dell’imposta di registro calcolata sulla parte del canone di locazione loro imputabile in base alle quote di possesso. L’imposta di registro deve essere versata per l’intero importo stabilito nei casi in cui la norma fissa l’ammontare minimo dell’imposta dovuta. Deve essere comunque assolta l’imposta di bollo sul contratto di locazione.
    Per i contratti per i quali non sussiste l’obbligo di registrazione in termine fisso, il locatore può applicare la cedolare secca in sede di dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta nel quale è prodotto il reddito ovvero esercitare l’opzione in sede di registrazione in caso d’uso o di registrazione volontaria del contratto. Il mancato esercizio dell’opzione nella prima annualità del contratto non preclude la possibilità di opzione per le annualità successive nel termine per il versamento dell’imposta di registro, mediante il modello 69.
    Durata dell’opzione
    L’opzione vincola il locatore all’applicazione del regime della cedolare secca per l’intero periodo di durata del contratto o della proroga ovvero per il restante periodo di durata del contratto nel caso di opzione esercitata nelle annualità successive alla prima.
    Tuttavia, il locatore ha la facoltà di revocare l’opzione in ciascuna annualità contrattuale successiva a quella in cui questa è stata esercitata, con le modalità stabilite con provvedimento del 7 aprile 2011 del Direttore dell’Agenzia delle Entrate.
    La revoca è effettuata entro il termine previsto per il pagamento dell’imposta di registro relativa all’annualità di riferimento e comporta il versamento dell’imposta di registro dovuta. Resta salva la facoltà di esercitare l’opzione nelle annualità successive.
    Regime tributario conseguente all’esercizio dell’opzione
    I soggetti che hanno effettuato l’opzione sono tenuti al versamento della cedolare secca calcolata sul canone di locazione stabilito dalle parti. Resta fermo che il reddito derivante dal contratto di locazione non può essere, comunque, inferiore al reddito determinato ai sensi dell’articolo 37, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.
    L’imposta dovuta nella forma della cedolare secca sostituisce:
    – l’imposta sul reddito delle persone fisiche e le addizionali relative al reddito fondiario prodotto dalle unità immobiliari alle quali si riferisce l’opzione, nei periodi d’imposta ricadenti nel periodo di durata dell’opzione;
    – l’imposta di registro dovuta per le annualità contrattuali o per il minor periodo di durata del contratto per i quali si applica l’opzione;
    – l’imposta di bollo dovuta sul contratto di locazione.
    La cedolare secca sostituisce l’imposta di registro e l’imposta di bollo, ove dovuta, sulle risoluzioni e proroghe del contratto di locazione qualora:
    – alla data della risoluzione anticipata sia in corso l’annualità per la quale è esercitata l’opzione per la cedolare secca;
    – venga esercitata l’opzione per la cedolare secca per il periodo di durata della proroga. continua

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    aprile 20, 2011

    Equitalia aumenta i termini per la dilazione dei debiti

    Equitalia: cambiano le regole per la dilazione dei ruoli.
    Il Decreto Milleproroghe 2011 ha previsto che i contribuenti, non in regola con le scadenze dei pagamenti, possono allungare fino a 6 anni il periodo di dilazione dei debiti fiscali e contributivi, a patto che dimostrino di avere avuto un peggioramento della loro situazione economica. Con il Comunicato del 18 aprile 2011, Equitalia spiega le condizioni per accedere al beneficio e, contestualmente, lancia una direttiva interna con le istruzioni per le proprie partecipate. In particolare, se la proroga richiesta riguarda debiti per un importo fino a 5.000 euro, essa sarà concessa a semplice domanda motivata, che chiarisca il peggioramento della temporanea situazione di difficoltà del contribuente. Se il debito supera i 5.000 euro, invece, il concessionario è comunque tenuto ad accertare la veridicità di quanto dichiarato dal debitore, differenziando il controllo in base alla tipologia del richiedente (persona fisica, ditta individuale, società di capitali, ecc.).
    Contribuenti e ditte individuali
    Le richieste presentate da persone fisiche o titolari di ditte individuali in regimi fiscali semplificati sono valutate utilizzando l’indicatore della situazione economica equivalente del nucleo familiare del debitore (ISEE). Il contribuente interessato alla proroga della dilazione è tenuto ad attestare il temporaneo peggioramento della sua situazione di obiettiva difficoltà mediante la presentazione di un nuovo modello ISEE di valore inferiore rispetto al precedente, ovvero, in caso non sia trascorso il termine di validità annuale del modello ISEE, mediante la sola dimostrazione di eventi posteriori che hanno determinato una radicale modifica della situazione reddituale e patrimoniale.
    Società di capitali e di persone
    Le richieste di rateazione in proroga presentate da altre categorie giuridiche di soggetti, ad esempio le società di capitali, vengono esaminate mediante l’applicazione dei parametri costituiti dall’Indice di Liquidità e dall’Indice Alfa. Il contribuente è tenuto ad attestare il temporaneo peggioramento della sua situazione di obiettiva difficoltà mediante la presentazione di una situazione economico patrimoniale aggiornata da cui risulti che l’indice di Liquidità è peggiorato rispetto a quello riferito alla dilazione di cui viene chiesta la proroga. Riguardo, invece, al numero di rate concedibili verrà utilizzato sempre il noto indice Alfa. Per la presentazione della richiesta di proroga Equitalia ha predisposto specifici moduli disponibili presso gli sportelli degli agenti della riscossione.
    La direttiva di Equitalia,  contiene anche una serie di indicazioni che aggiornano i processi di concessione delle rateazioni anche sulla base delle esigenze maturate in questi anni da parte dei contribuenti. Si allegano alcune domande di uteriore rateazione successiva ad una precedente istanza già accolta da Equitalia.

    Rateaz. fino a 5.000 euro – Ditte individuali sempl.pdf

    Rateaz. fino a 5.000 euro – Persone giuridiche.pdf

    Rateaz. fino a 5.000 euro – Soc.di persone.pdf

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    aprile 12, 2011

    Inps rateizzazione del debito

    PREMESSA
    Per effetto della circolare n. 106 del 03/08/2010 (in esecuzione delle determinazioni del C.d.A. n. 250 del 18/12/2009 e n. 106 del 07/05/2010), l’Inps ha voluto modificare l’istituto delle “dilazioni”, per uniformare la propria disciplina a quella che regolamenta tutte le “entrate” per le quali è previsto l’obbligo della riscossione mediante cartelle esattoriali (ex D.lgs 46/99), e con l’obiettivo di semplificare le procedure di accesso e di gestione delle domande.
    Il rinnovato istituto delle dilazioni, i cui effetti decorrono dal 3 agosto 2010, ha apportato le seguenti modifiche:
    1. L’eliminazione dell’obbligo di integrale versamento delle trattenute previdenziali ed assistenziali operate dal datore di lavoro sulle retribuzioni dei lavoratori.
    2. Infatti, per il contribuente datore di lavoro, la determinazione n. 250/2009 dell’Istituto ha reso facoltativo (eliminando l’obbligo al versamento) il pagamento in unica soluzione della quota di contribuzione a carico del lavoratore prima della presentazione della domanda di dilazione.
    Pertanto dette quote possono essere inserite nell’importo del debito oggetto della dilazione.
    In ogni caso tale facoltà non produce l’effetto di fare venire meno il reato per l’omesso versamento (ex l. 638/1983).
    3. Conseguentemente permane in capo all’Istituto l’obbligo di denuncia alla autorità giudiziaria (procura della Repubblica presso il Tribunale competente) nei confronti del datore di lavoro.
    4. L’eliminazione dell’obbligo del versamento della quota pari al 12° del debito dovuto, quale condizione di accesso alla rateazione.
    5. Tale esclusione risponde al duplice intento di favorire il contribuente debitore e di velocizzare le procedure di istruttoria delle domande, consentendo l’adozione del provvedimento di accoglimento della dilazione (se dovuta) e il rilascio di un unico piano di ammortamento definitivo in tempo reale.
    6. L’esclusiva competenza dell’Agente della Riscossione, per quanto riguarda le rateazioni dei crediti iscritti a ruolo.
    DEBITI IN FASE AMMINISTRATIVA
    Nel caso in cui il debito del contribuente sia in fase amministrativa, la domanda deve essere unica e comprendere tutti i debiti accertati alla data di presentazione della stessa.
    La domanda di rateazione deve avere ad oggetto:
    1. i debiti denunciati dal contribuente o accertati dall’istituto, per i quali non risulti effettuato il versamento alle scadenze di legge e sia stato effettuato in ritardo;
    2. i debiti in fase legale non oggetto di iscrizione a ruolo;
    3. i debiti affidati per il recupero agli Agenti della Riscossione (A.d.R.) per i quali non sia ancora avvenuta la notifica della cartella di pagamento al contribuente.
    Il nuovo sistema di dilazione del debito, attraverso l’eliminazione del versamento del 1/12 del debito contributivo, ha consentito di accorciare i tempi di gestione della dilazione.
    Intatti non è più prevista l’emissione di un piano di ammortamento provvisorio, ma la consegna di un piano di ammortamento definitivo.
    È previsto altresì che il pagamento della 1ª delle rate complessivamente accordate, dovrà essere effettuato prima o contestualmente alla data di sottoscrizione, per accettazione, del piano di ammortamento definitivo.
    Per ottenere la dilazione del debito in fase amministrativa il contribuente deve:
    1. presentare alla sede di competenza domanda di dilazione, reperibile presso ogni sede INPS, o scaricabile dal sito internet www.inps.it (Moduli aziende e contributi);
    2. sottoscrivere l’estratto contributivo relativo ai crediti oggetto di dilazione, nel quale sono specificate le partite debitorie e gli eventuali versamenti, con l’indicazione della relativa data, conosciuti dall’Istituto alla stessa data di presentazione della domanda;
    3. qualora la domanda non venga sottoscritta in presenza del funzionario INPS, che ne certifica le generalità, allegare fotocopia del documento di identità (D.P.R. 445/2000 art. 35).
    N.B: Laddove, vengano rilevate mancate registrazioni, sia degli importi a debito sia dei versamenti, l’estratto aziendale dovrà essere integrato con l’indicazione degli importi a debito e dei versamenti mancanti per i quali dovrà essere specificato il periodo, l’importo, la data di scadenza/versamento. All’estratto così sottoscritto, che ai fini della domanda di dilazione non sarà più suscettibile di modifica, dovranno essere allegate le copie dei versamenti effettuati e non ancora contabilizzati.
    Dopo la delibera di accoglimento da parte dell’Istituto, definito il piano di ammortamento, la differenza dell’importo da rateizzare non ancora pagato, sarà iscritto a ruolo con la emissione di una cartella divisa per il numero delle rate residue (ruolo rateizzato circ. 169/2004), con scadenza mensile.
    NUMERO DI RATE
    La domanda può essere proposta fino ad un massimo di 24 rate mensili con possibilità di un prolungamento fino a 36 rate, su autorizzazione del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. Per particolari casi specifici, il Ministero del Lavoro di concerto con quello dell’Economia può concedere, con decreto, il pagamento dilazionato fino a 60 mensilità.
    COMPETENZA ALLA ADOZIONE DEL PROVVEDIMENTO
    L’autorizzazione spetta al Direttore provinciale – sub Provinciale se il debito contributivo non supera i 500.000 euro, al Direttore Regionale per importi da 500.001 ad 1.000.000 di euro ed al Direttore Centrale delle Entrate Contributive per debiti superiori ad 1.000.000 di euro.
    INTERESSI DI DILAZIONE
    Gli interessi di dilazione iniziano a decorrere dal giorno in cui la domanda è stata presentata. Essi sono pari al tasso ufficiale di riferimento, maggiorato di 6 punti su base annua.
    DEBITI ISCRITTI A RUOLO
    La domanda di rateazione delle somme iscritte a ruolo, invece, dovrà esere richiesta esclusivamente all’Agente di Riscossione che ne valuterà le condizioni per l’accoglimento e per il numero delle rate che potrà arrivare sino ad un massimo di 72.

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    aprile 10, 2011

    Circolare CNDCEC n. 22/IR del 07/03/2011. Da luglio 2011 gli avvisi di accertamento assumono titolo esecutivo alla riscossione

    Il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili ha pubblicato la Circ. n. 22/IR riguardante la riscossione sull’accertamento ai fini delle imposte sui redditi e dell’imposta sul valore aggiunto. Il documento in oggetto tratta principalmente le seguenti tematiche:
    • l’ambito di applicazione della nuova disciplina;
    • il versamento delle somme risultanti dall’avviso di accertamento;
    • l’efficacia esecutiva dell’avviso di accertamento;
    • la sospensione dell’esecuzione dell’atto;
    • la dilazione di pagamento;
    • l’omessa o irrituale notifica dell’avviso di accertamento.
    Secondo quanto chiarito dalla circolare n. 22 del 07.03.2011 la necessità di razionalizzare e velocizzare le procedure di riscossione coattiva delle somme dovute a seguito dell’attività di accertamento ha spinto il legislatore ad intervenire con l’art. 29, comma 1, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78.
    Tale norma, infatti, stabilisce che gli avvisi di accertamento ai fini:
    • delle imposte sui redditi;
    • dell’imposta sul valore aggiunto
    ed i connessi provvedimenti di irrogazione delle sanzioni devono contenere anche l’intimazione ad adempiere all’obbligo di pagamento degli importi negli stessi indicati o degli importi dovuti a titolo provvisorio di cui all’art. 15 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602. La stessa disposizione prevede che:
    • tali atti divengono esecutivi decorsi sessanta giorni dalla notifica;
    • in caso di inadempimento decorsi trenta giorni dal termine ultimo per il pagamento la riscossione delle somme risultanti dagli avvisi di accertamento è affidata agli agenti di riscossione anche ai fini dell’esecuzione forzata.
    Quanto alla decorrenza delle nuove disposizioni l’art. 29 prevede che la concentrazione della riscossione nell’accertamento avrà effetto con riferimento agli atti notificati a partire dal 1° luglio 2011 e relativi ai periodi d’imposta in corso alla data del 31 dicembre 2007 e successivi.
    Sono esclusi dall’applicazione della nuova disciplina i seguenti casi:
    • i casi di omesso versamento delle somme rateizzate in seguito alla definizione delle comunicazioni degli esiti dei controlli automatici o dei controlli formali delle dichiarazioni;
    • sono esclusi i casi di omesso versamento delle somme rateizzate risultanti dalle comunicazioni dell’esito dell’attività di liquidazione dei redditi soggetti a tassazione separata.
    Riguardo al versamento delle somme risultanti dall’avviso di accertamento l’elemento di novità che caratterizza la nuova disciplina consiste nell’attribuzione all’avviso di accertamento dell’ulteriore funzione di riscossione delle somme accertate attraverso l’inclusione all’interno dell’avviso di accertamento anche dell’intimazione ad adempiere all’obbligo di pagamento degli importi nello stesso indicati. Il versamento di tali importi deve essere effettuato entro sessanta giorni dalla data di notificazione dell’avviso di accertamento. In caso di versamento tempestivo, tra gli importi risultanti dall’avviso di accertamento, il contribuente sarà tenuto a corrispondere le somme dovute:
    • a titolo di imposta (per la metà o per l’intero a seconda che sia stato proposto o meno il ricorso);
    • gli interessi per ritardata iscrizione a ruolo;
    • le somme dovute a titolo di sanzione.
    Rispetto all’efficacia esecutiva dell’avviso la circolare in oggetto chiarisce che oltre ad assumere natura di atti di riscossione, gli avvisi di accertamento divengono atti esecutivi decorsi sessanta giorni dalla loro notifica. Per questo motivo gli atti devono espressamente recare l’avvertimento che decorsi trenta giorni dal termine ultimo per il pagamento la riscossione delle somme richieste è affidata in carico agli agenti della riscossione anche ai fini dell’esecuzione forzata. L’attribuzione della natura di titolo esecutivo ai “nuovi” avvisi di comporta il riconoscimento in capo al contribuente degli ordinari mezzi di tutela cautelare nei confronti dell’accertamento notificatogli ovvero la richiesta di sospensione dell’atto in via amministrativa o in via giudiziale.
    La circolare n. 22 del 07/03/2011, passando all’esame dell’istituto della dilazione del pagamento, nel prevedere che la dilazione può essere concessa solo dopo l’affidamento del carico all’agente della riscossione ne riconosce implicitamente l’azionabilità anche con riferimento ai “nuovi” avvisi di accertamento aventi efficacia esecutiva.

    Circ.CNDCEC N. 22-IR 2011

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