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Ristrutturazione dei debiti del consumatore – Nuovo CCII
Prima di soffermarci sul piano del consumatore – come si chiamava anteriormente all’entra-ta in vigore del Codice della crisi d’impresa (CCI) – ricordiamo cosa significa l’espressione “sovraindebitamento”. Per sovraindebitamento si intende «lo stato di crisi o di insolvenza del consumatore, del professionista, dell’imprenditore minore, dell’imprenditore agricolo, delle start-up innovative […] e di ogni altro debitore non assoggettabile alla liquidazione giudiziale ovvero a liquidazione coatta amministrativa o ad altre procedure liquidatorie previste dal codice civile o da leggi speciali per il caso di crisi o insolvenza» (art. 2 lett. c) d.lgs. 14/2019).
Le procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento sono tre:
a) la ristrutturazione dei debiti del consumatore;
b) il concordato minore;
c) la liquidazione controllata.
La ristrutturazione dei debiti del consumatore (artt. 65-73 CCI), qui in commento, si applica al consumatore che si trovi in uno stato di sovraindebitamento, ossia versi in una situazione di crisi o di insolvenza. Si tratta di uno strumento volto a favorire l’esdebitazione dei cosiddetti “insolventi civili”, vale a dire dei soggetti che non ricoprono la qualifica di imprenditore e, per-tanto, non sono fallibili. Il piano di ristrutturazione agevola il consumatore, perché non è ri-chiesta l’approvazione dei creditori ai fini dell’omologazione; inoltre, i crediti che non posso-no essere soddisfatti – se il piano viene approvato – diventano inesigibili. La ratio della disci-plina novellata – come si legge nella relazione illustrativa – consiste nel favorire il debitore, per consentirgli «nuove opportunità nel mondo del lavoro, liberandolo da un peso che rischia di divenire insostenibile e di precludergli ogni prospettiva futura».
Lo studio analizza le posizioni di indebitamento ed offre soluzioni personalizzate.
Crisi da sovraindebitamento
Per far fronte a situazioni di vita reale, di eccessivo indebitamento da parte di chi avendo perso il proprio lavoro, oppure vedendo la propria azienda andare in malora e non è stato più in grado di far fronte all’imponente mole di debiti accumulati, è stata varata la Legge 27/01/2012, n. 3 (c.d. Legge sul “sovraindebitamento” o “salva suicidi”), nonché la successiva Legge 17/12/2012, n. 221 di conversione del Decreto legge 18/10/2012, n. 179, le quali hanno segnato una importante tappa nel percorso di modernizzazione dell’ordinamento del diritto concorsuale che, in precedenza, non prevedeva invece nessuna regolamentazione della cosiddetta insolvenza civile.
L’intento della nuova legge è quello di consentire a taluni soggetti non fallibili in gravi difficoltà economiche (come professionisti, pensionati, piccoli imprenditori o piccole società artigiane) di avviare una procedura presso il Tribunale competente (quello di residenza del debitore) volta a conseguire la liberazione integrale dai propri debiti (Equitalia/Agenzia Entrate, Istituti di credito e finanziarie), mediante un pagamento rateale concordato nonché con un forte stralcio dell’esposizione debitoria complessiva.
Con tale legge si vuole evitare il ricorso a prestiti usurari e permettere inoltre al sovraindebitato di ripartire da zero, riacquistando un ruolo attivo nell’economia senza restare schiacciato dal carico dell’indebitamento preesistente.
LEGGE N. 3/2012 SUL SOVRAINDEBITAMENTO – TRE POSSIBILI PROCEDURE
1° – PIANO DEL CONSUMATORE:
– solo per crediti estranei all’ attività professionale o imprenditoriale del sovraindebitato;
– è sufficiente l’approvazione del Giudice anche senza il consenso dei creditori – il Giudice dovrà valutare se l’istante si è indebitato per sua colpa o incolpevolmente.
2° – ACCORDO DI RISTRUTTURAZIONE DEI DEBITI:
– può essere presentato da enti e imprese non fallibili;
– per l’approvazione occorre il voto favorevole da parte dei creditori che rappresentino il 60% di tutti i crediti del sovra-indebitato e la successiva omologazione da parte del Giudice.
3° – LIQUIDAZIONE DEI BENI:
– il debitore (privato o soggetto non fallibile) mette a disposizione tutto il suo patrimonio per far fronte al pagamento dei suoi debiti che saranno venduti all’asta da un liquidatore nominato dal Tribunale.
Lo studio analizza le posizioni di indebitamento ed offre soluzioni personalizzate.
SPESOMETRO – PROROGA AL 16 OTTOBRE 2017
Arriva una nuova proroga per il cosiddetto ”spesometro”, dovuta al malfunzionamento del sito per effettuare le operazioni on line. ”Viene posticipato al 16 ottobre 2017 – è scritto in una nota del ministero dell’Economia – il termine per effettuare la comunicazione all’Agenzia delle Entrate dei dati delle fatture emesse e ricevute relative al primo semestre del 2017. La proroga è prevista da un Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (DPCM), su proposta del Ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, che oggi ha firmato il provvedimento. Il malfunzionamento del sito nelle scorse settimane aveva indotto il ministero a posticipare il termine del 28 settembre al 5 ottobre, quindi domani. La nuova scadenza (l’ultima, si spera) è fissata al 16 ottobre 2017. Quindi 11 giorni ulteriori per inviare l’elenco delle fatture.
ACCERTAMENTO CON ADESIONE – MEGLIO NON CUMULARE LA SOSPENSIONE FERIALE
Accertamento con Adesione meglio non cumulare la sospensione feriale con i 90 giorni derivanti dalla domanda
In merito alle domande di Accertamento con Adesione occorre porre la massima cautela.
Se è certo che la stessa, in costanza dei requisiti di legge, sospende il termine per ricorrere per un periodo di 90 giorni, altrettanto non può più dirsi in merito al cumulo con la sospensione feriale dei termini.
La Cassazione, con la recentissima ordinanza n. 11632 del 5 giugno 2015, superando il diverso avviso espresso dalla prassi amministrativa, ha ritenuto inapplicabile la sospensione feriale dei termini processuali all’accertamento con adesione.
Alla luce di ciò, un contribuente che presenta istanza di accertamento con adesione, ad esempio il 10 luglio, non beneficerà dell’interruzione feriale del decorso dei termini nel periodo dal 1° a al 31 agosto, in quanto essi continueranno a decorrere.
La disciplina della sospensione processuale, prevista dall’art. 1 della legge n. 742 del 1969, è stata recentemente modificata dal comma 1 dell’art. 16, del D.L. n. 132 del 12 settembre 2014, convertito dalla legge n. 162 del 10 novembre 2014.
Tale norma ha stabilito che i termini processuali, a partire dal 2015, verranno sospesi dal 1° al 31 agosto, e non più dal 1° agosto al 15 settembre come invece previsto ante riforma.
L’istituto della sospensione comporta la cessazione della decorrenza dei termini per porre in essere una determinata attività processuale che riprendono a trascorrere a conclusione di tale periodo.
Per meglio chiarire, nel momento in cui ad un soggetto viene notificato un qualsiasi atto dell’Amministrazione Finanziaria, ad esempio un avviso di accertamento, i termini per proporre impugnazione (nel caso di specie, 60 giorni) si sospendono dal 1° al 31 agosto e riprendono a decorrere dal 1° settembre.
Tale procedura, però, non è applicabile nel caso in cui venga presentata istanza di accertamento con adesione.
A seguito della presentazione di tale istanza, il termine per impugnare l’atto di accertamento davanti alla Commissione Tributaria Provinciale è normalmente sospeso per un periodo di 90 giorni a decorrere dalla data di presentazione della stessa.
Prima dell’emanazione dell’innovativa ordinanza in commento, il Ministero delle Finanze, chiamato a fornire chiarimenti in merito al termine di redazione dell’atto di accertamento con adesione, con riferimento alla sospensione di 90 giorni prevista dall’art. 6, comma 3. del D.lgs. n. 218 del 1997, in relazione alla sospensione feriale dei termini processuali, con la risoluzione n. 159/E del 11.11.1999, ha ribadito la cumulatività di entrambe le sospensioni avendo, le stesse, diverse finalità (“collegata al periodo in cui ricadono i termini processuali, quella feriale; connessa ad un proficuo esercizio del contraddittorio in sede di adesione, quella dei 90 giorni”).
Di parere contrario si è dimostrata, però, la Cassazione, la quale, con l’ordinanza citata, ha escluso tale cumulatività. Secondo la Corte, la sospensione dei termini giudiziari per il periodo feriale, istituto di natura processuale, non è da ritenersi applicabile ai procedimenti non giurisdizionali.
Essendo l’accertamento con adesione un istituto di natura amministrativa, l’applicabilità della sospensione ex art. 1 della legge. n. 742 del 1969 non è ammissibile.
Sulla base di tali considerazioni, dunque, sarebbe più conveniente per chiunque volesse presentare istanza di accertamento con adesione avverso un avviso di accertamento notificato dall’Amministrazione Finanziaria, agire dal 1° settembre, in modo da usufruire prima della sospensione feriale dei termini per l’impugnativa dal 1° al 31 agosto e, successivamente, una volta presentata l’istanza, anche dei 90 giorni previsti dal legislatore ai fini dell’accertamento con adesione.
SENTENZA DIRIGENTI ILLEGITTIMI
DIRIGENTI ILLEGITTIMI
La CTP di Milano conferma: è nullo l’atto del dirigente illegittimo! Nullità dell’atto di accertamento sottoscritto da soggetto non dotato di una qualifica funzionale dopo la Sentenza della Corte Costituzionale
CTP di Milano, sez.25, R.G.2008/14, sentenza n.3222/25/15, pronunciata il 31.03.2015, depositata in segreteria il 10.04.2015
Svolgimento del processo
Con tempestivo ricorso il signor Alfa impugnava l’avviso di accertamento n. T9D012G05894 emesso dall’Agenzia delle Entrate, Direzione provinciale di Milano e relativo ad Irpef, Irap ed Iva per l’anno 2008, e adiva la Commissione Tributaria Provinciale di Milano per ivi sentire dichiarare l’illegittimità della pretesa tributaria e l’annullamento dell’atto impugnato. Deduceva il ricorrente l’inesistenza della notificazione dell’atto impugnato e la conseguente decadenza del potere impositivo dell’Ufficio, nonché la nullità dell’atto per violazione dell’art. 29 D.L. n. 78/2010, mancata indicazione del responsabile del procedimento ed irregolarità della sottoscrizione apposta da soggetto non abilitato, nonché, nel merito, per indeterminatezza dell’importo preteso ed illegittimità della verifica subita, violazione del principio del contraddittorio ed infondatezza dei rilievi operati dai verificatori.
Si costituiva in giudizio l’Ufficio contestando la fondatezza del proposto ricorso e chiedendo la conferma dell’atto impugnato.
All’udienza del 31/3/15 il ricorso veniva deciso come da dispositivo.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Occorre preliminarmente esaminare l’eccezione di illegittimità dell’atto sollevata dalla ricorrente in relazione alla sottoscrizione dello stesso, asseritamente apposta da soggetto non abilitato.
Rileva questa Commissione che la ricorrente ha prodotto in giudizio ampia documentazione atta a comprovare che colui che ha firmato l’avviso di accertamento impugnato, tale “Capo Area” Beta per delega del Direttore provinciale Gamma, non era munito del potere di sottoscrivere gli atti in reggenza, così come stabilito dal D.P.R. 266/1987, articolo 20, comma 1, lett. a) e b).
Invero, risulta agli atti che proprio in relazione alla posizione, tra gli altri, del predetto Beta era stata sollevata dalla Sezione IV del Consiglio di Stato, con ordinanza 26/11/13, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 8, comma 24, D.L, 2 marzo 2012 n. 16 (conv. in L. 26 aprile 2012 n.44) che consentiva a funzionari privi della relativa qualifica, di essere destinatari di conferimento di incarico dirigenziale (e dunque di accedere allo svolgimento di mansioni proprie di un’area e qualifica afferente ad un ruolo diverso nell’ambito dell’organizzazione pubblica) anche senza positivo superamento di idoneo concorso.
Con sentenza n. 37 del 17 marzo 2015, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità della disposizione predetta per violazione degli artt. 3, 51 e 97 della Costituzione, avendo tale norma contribuito “all’indefinito protrarsi nel tempo di un’assegnazione asseritamente temporanea di mansioni superiori, senza provvedere alla copertura dei posti dirigenziali vacanti da parte dei vincitori di una procedura concorsuale aperta e pubblica”.
Ne consegue la nullità dell’atto di accertamento sottoscritto da soggetto non dotato di una qualifica funzionale. I restanti motivi di ricorso rimangono assorbiti.
Poiché l’accoglimento del ricorso consegue a pronuncia di incostituzionalità intervenuta solo successivamen-te alla proposizione del medesimo, sussistono gravi motivi per compensare interamente le spese proces-suali.
P.Q.M.
la Commissione accoglie il ricorso. Spese compensate.
Vanno sempre dichiarati i canoni di locazione non riscossi ad uso non abitativo
I canoni non riscossi relativi a immobili locati a uso non abitativo dovranno essere sempre dichiarati e i contribuenti non potranno recuperare le imposte assolte sui canoni di locazione dichiarati.
L’Agenzia delle Entrate con la Circolare n. 11/E del 21 maggio 2014 ha fornito la risposta a proposito della “eventuale” possibilità di recuperare le imposte sui canoni non riscossi per gli immobili concessi in locazione per uso non abitativo.
L’articolo 26, comma 1, del D.P.R. n. 917 del 1986 (TUIR) prevede che “I redditi fondiari concorrono, indipendentemente dalla percezione, a formare il reddito complessivo dei soggetti che possiedono gli immobili a titolo di proprietà, enfiteusi, usufrutto o altro diritto reale (…) per il periodo di imposta in cui si è verificato il possesso”. Pertanto, secondo il tenore letterale del suddetto articolo, i canoni di locazione devono essere assoggettati a tassazione a prescindere dalla percezione.
Limitatamente ai canoni non riscossi, l’art. 8, comma 5, della Legge n. 431 del 1998, ha stabilito che i relativi canoni, se non percepiti, non concorrono alla formazione del reddito complessivo del locatore dal momento della conclusione del procedimento giurisdizionale di convalida di sfratto per morosità del conduttore.
Stante quanto sopra, il contribuente che non ha riscosso i suddetti canoni non dovrà assoggettarli a tassazione se, entro il termine di presentazione della stessa, si è concluso il procedimento di convalida di sfratto per morosità. Inoltre, se dalla sentenza si evince la morosità del locatario anche per i periodi precedenti il provvedimento del giudice, al locatore è riconosciuto un credito d’imposta di ammontare pari alle imposte versate sui canoni venuti a scadenza e non percepiti.
Tale principio, tuttavia, opera esclusivamente per gli immobili concessi in locazione a uso abitativo. Ne deriva che, per le locazioni di immobili a uso non abitativo:
• il canone di locazione risultante dal contratto di locazione, non percepito, deve essere in ogni caso dichiarato fino a quando non intervenga una causa di risoluzione del contratto medesimo;
• le imposte assolte sui canoni di locazione dichiarati e non riscossi non potranno essere recuperate.
Tale presa di posizione dell’Amministrazione finanziaria, peraltro, è suggellata dalla sentenza n. 362 del 2000 della Corte Costituzionale, secondo cui non è fondata la questione di legittimità dell’art. 26 del TUIR, in quanto il sistema di tassazione relativo alle locazioni non abitative non risulta “gravoso e irragionevole” considerato che il locatore, per la risoluzione del contratto di locazione, può utilizzare precisi e distinti gli strumenti previsti dal codice civile.
La Corte, infatti, sancisce che “il locatore può avvalersi in ogni caso della risoluzione ex art. 1454 cod. civ., a parte l’eventuale sussistenza delle altre ipotesi di risoluzione di diritto ex artt. 1456 e 1457 cod. civ. e la possibilità della azione di convalida di sfratto”.
TASI – Guida al pagamento
TASI – Tributo geneticamente modificato dell’IMU: un caos tale da avere nostalgia dell’ICI
Il primo consiglio che posso darvi è quello di attendere, ancora, prima di pagare.
Per comprendere i meccanismi di versamento della Tasi, la nuova tassa sulla casa che paga i servizi indivisibili, sarà necessario scoprire le norme che saranno contenute nel D.L., previsto per questo fine settimana, che modificherà l’attuale normativa. Di certo lo slittamento – a leggere il comunicato del Tesoro e a raccogliere le indiscrezioni dei tecnici – non riguarderà l’Imu, che ancora si paga sulla seconda casa, sulle prime case di lusso e su tutti gli altri immobili: per loro l’appuntamento rimane al 16 giugno anche in assenza di delibera perché valgono le vecchie aliquote.
Per quanto concerne la TASI sono ancora molte le incertezze che circondano il pagamento. A cominciare dalla data del rinvio. Non è un caso, infatti, che già il ministero dell’Economia, nel suo comunicato, indichi solo il mese di settembre ma non il giorno del versamento. Secondo alcune indiscrezioni di fonti ben informate, i dubbi sulla data da indicare sarebbero stati sciolti sono all’ultimo e non è ancora definitivamente escluso che lo slittamento del pagamento possa alla fine slittare ancora ad ottobre. Tra gli altri nodi, poi, ci sono quelli sul pagamento della Tasi sulla prima casa, che in assenza di delibera entro il 23 ottobre in base all’attuale normativa sarebbe slittata a dicembre. Rimane poi da uniformare il rispetto dei tetti di aliquota fissati dal legislatore tra Tasi e Imu per il 2014.
DELIBERA SI, DELIBERA NO – Lo spartiacque che deciderà se il contribuente deve o non deve pagare a giugno la Tasi sarà la pubblicazione entro il 31 maggio della delibera sul sito del ministero dell’Economia, a questo indirizzo:
www.finanze.it/dipartimentopolitichefiscali/fiscalitalocale/IUC/sceltaregione.htm.
La legge prevede anche che ci sia una decisione di giunta e l’approvazione del consiglio entro il 23 maggio, con la contestuale pubblicazione sul portale del federalismo fiscale. Se le nuove aliquote sono state pubblicate i cittadini dovranno pagare in base ai nuovi criteri già il 16 giugno, altrimenti si rinvia.
PRIMA CASA – Se il Comune ha già deliberato le aliquote il pagamento della Tasi andrà fatto entro il 16 giugno. In mancanza di delibera il pagamento slitta: in base all’attuale normativa sarebbe stato fatto il 16 dicembre, con il decreto in arrivo, invece, questa data viene di fatto anticipata. Quando? A settembre, spiega il comunicato del Tesoro. Ma – secondo alcune indiscrezioni – c’è il rischio che si vada ad ottobre. Consiglio: attendere il decreto.
SECONDA CASA – I proprietari di seconda casa dovranno comunque andare alla cassa il 16 giugno. Dovranno infatti pagare l’Imu: se non ci sono state modifiche si paga in base alle aliquote del 2013, versando metà dell’imposta annua. Se il comune ha definito anche le modalità per la Tasi, si pagherà contestualmente anche questo tributo (ovviamente la prima rata, cioè metà del dovuto), altrimenti il versamento slitta alla data che sarà indicata dal decreto.
INQUILINI E LOCATARI – La Tasi, a differenza dell’Imu, la pagano anche gli inquilini. La legge prevede una quota tra il 10 e il 30% del totale a carico degli affittuari, se la durata del contratto di locazione supera i sei mesi. Anche questa dovrà essere indicata dalle delibere comunali. Nel caso in cui la delibera sia stata adottata anche gli inquilini dovranno pagare la loro quota a giugno (e i locatari sottrarla dall’importo loro dovuto). Altrimenti l’appuntamento slitta alla data che sarà indicata dal decreto.
CALCOLI – La base imponibile della TASI è la medesima dell’IMU. Pertanto, ai fini della sua determinazione, occorre applicare le regole previste nell’art. 13, D.L. n. 201/2011 e successive modifiche e integrazioni.
La formula da utilizzare per il calcolo della base imponibile, pertanto, sarà:
Rendita catastale x 1,05 x coefficiente = Base imponibile TASI
Esempio di calcolo Comune di Cagliari: Aliquota 2,8‰ (senza considerare eventuali detrazioni)
Abitazione di categoria A/2 con rendita catastale al 1.1.2014 pari a euro 1.000: Rendita catastale rivalutata: 1.000 x 1,05 = 1.050
Valore imponibile ai fini TASI: 1.050 x 160 = 168.000 168.000 x 2,8 : 1000 = € 470,40 – Tasi da versare in 2 rate da € 235,00
L’imposta fissa di registro passa da 168 a 200 euro dal 1° gennaio 2014
Dal 1° gennaio 2014, l’imposta fissa di registro passa da 168 a 200 euro
Lo stabilisce il DL «Istruzione» pubblicato ieri in Gazzetta, per coprire le maggiori spese disposte dal provvedimento
Ancora una volta, come era avvenuto per l’aumento dell’imposta di bollo, in un provvedimento settoriale si nascondono norme di ampio impatto fiscale.
È il caso del decreto “Istruzione”, pubblicato ieri in Gazzetta Ufficiale (DL 12 settembre 2013, n. 104, in vigore da ieri), che, tra le norme in materia di “Istruzione, università e ricerca”, dispone l’aumento dell’ammontare delle imposte fisse di registro, ipotecaria e catastale: a partire dal 1° gennaio 2014, esse saranno dovute nella misura di 200 euro e non più di 168 euro.
Se teniamo conto che le imposte in questione talvolta trovano applicazione congiuntamente (ad esempio, per gli atti di trasferimento di immobili abitativi imponibili IVA, ovvero per i conferimenti di aziende comprensivi di immobili), in tali casi, l’impatto dell’aumento sarà triplicato, in quanto si passerà da un’imposizione di 504 euro (168 x 3) ad un’imposta totale di 600 euro (200 x 3).
D’altro canto, si rileva che l’aumento, relativamente all’imposta di registro, non trova applicazione limitatamente al campo immobiliare, ma ha effetto su tutti gli atti che, fino al 31 dicembre 2013, scontano l’imposta fissa di 168 euro, come, ad esempio: gli atti di conferimento di denaro in società; le cessioni di partecipazioni sociali; le fusioni, le trasformazioni e le scissioni societarie.
Il nuovo ammontare delle imposte fisse (di registro, ipotecaria e catastale) ha effetto per:
– gli atti giudiziari pubblicati o emanati dal 1° gennaio 2014;
– gli atti pubblici formati dal 1° gennaio 2014;
– le donazioni fatte dal 1° gennaio 2014;
– le scritture private autenticate dal 1° gennaio 2014;
– le scritture private non autenticate presentate per la registrazione dal 1° gennaio 2014;
– le denunce (di contratti verbali) presentate per la registrazione dal 1° gennaio 2014;
– le formalità di trascrizione e di rinnovazione eseguite a decorrere dal 1° gennaio 2014;
– le domande di annotazione presentate a decorrere dal 1° gennaio 2014.
Si ricorda, inoltre, che, dalla medesima data, entrerà in vigore la riforma della tassazione immobiliare disposta, già due anni or sono, dall’art. 10 del DLgs. 23/2011 (decreto sul “Federalismo Municipale”).
Tale norma, ha disposto che, a partire dal 1° gennaio 2014, in luogo delle molteplici aliquote dell’imposta di registro oggi applicabili, per i trasferimenti immobiliari si applicheranno due sole aliquote:
– 2%, se il trasferimento ha per oggetto case di abitazione (ad eccezione di quelle accatastate in A1, A8 o A9) in presenza delle condizioni per l’agevolazione prima casa;
– 9%, in tutti gli altri casi.
La norma sopprime tutte le altre esenzioni e agevolazioni tributarie previste, anche da leggi speciali, in relazione ai trasferimenti immobiliari, lasciando in “vita” solo le due aliquote sopra enunciate.
In ogni caso – continua il comma 2 dell’art. 10 del DLgs. 23/2011 – l’imposta di registro dovuta in base alle disposizioni sopra illustrate non potrà essere inferiore a 1.000 euro.
Il comma 3 dell’art. 10 citato, inoltre, disponeva che tutti gli atti immobiliari cui si applica il nuovo regime sopra individuato (nonché “tutti gli atti e le formalità direttamente conseguenti posti in essere per effettuare gli adempimenti presso il catasto ed i registri immobiliari”), andassero esenti da ogni altra imposta (bollo, imposte ipotecaria e catastale, tributi speciali catastali e tasse ipotecarie).
Su tale fronte, il DL “istruzione” introduce un’ulteriore novità, stabilendo che, in relazione agli atti che applicheranno il registro al 2% o al 9%, saranno comunque dovute le imposte ipotecaria e catastale nella misura fissa di 50 euro ciascuna.
In breve, gli atti di trasferimento immobiliare posti in essere dal 1° gennaio 2014 sconteranno:
– in presenza delle condizioni per l’applicazione dell’agevolazione “prima casa”, l’imposta di registro proporzionale del 2% e le imposte ipotecaria e catastale di 100 euro totali, ma nulla a titolo di imposta di bollo né di tassa ipotecaria;
– in tutti gli altri casi, l’imposta di registro proporzionale del 9% e le imposte ipotecaria e catastale di 100 euro totali, ma nulla a titolo di imposta di bollo né di tassa ipotecaria.
Peraltro, si rileva che tali aliquote trovano applicazione non solo agli atti di compravendita immobiliare, bensì anche, ad esempio, agli atti di permuta, agli atti di assegnazione di immobili ai soci, agli atti di conferimento immobiliare (ai quali, tuttavia, resta applicabile anche l’aliquota del 4% per i fabbricati a destinazione commerciale, in quanto disposta dall’art. 4 comma 1 lett. a) n. 2) della Tariffa, Parte I, allegata al DPR 131/86).
Invece, in tutti gli altri casi in cui le imposte di registro, ipotecaria e catastale siano dovute nella misura fissa (di 168 euro fino al 31 dicembre 2013), dal 1° gennaio 2014 esse dovranno essere corrisposte nella misura di 200 euro ciascuna.
Dal 7.12.2012 obbligo di annotazione sulla carta di circolazione degli utilizzatori abituali
Dal 7 dicembre 2012, è previsto l’obbligo di indicare sulla carta di circolazione il nome del soggetto che effettivamente utilizza il mezzo a cui la stessa si riferisce. Questo è quanto previsto, in estrema sintesi, dal D.p.r n. 198 del 28 settembre 2012, pubblicato in gazzetta ufficiale del 22 novembre 2012, in materia “di variazione dell’intestatario della carta di circolazione, intestazione temporanea di autoveicoli, motoveicoli e rimorchi e di targhe dei rimorchi”.
L’obbligo in parola si prefigge l’obiettivo:
– di rendere più semplice la notifica delle violazioni al codice della strada e, sebbene non abbia alcuna valenza tributaria;
– di contrastare l’intestazione fittizia dei veicoli. Pertanto, a decorrere dal 7 dicembre, gli utilizzatori di tutti i veicoli dotati di targa avranno l’obbligo di aggiornare il libretto di circolazione tutte le volte in cui il veicolo sarà utilizzato per periodi superiore a trenta giorni da soggetti diversi dal proprietario.
Restano esclusi i familiari, purché conviventi. La prescrizione si rivolge, oltre alle persone fisiche, anche ad enti e le società. Quest’ultimi dovranno, inoltre, attivarsi presso il Dipartimento per i trasporti, al fine di chiedere l’aggiornamento della carta di circolazione indicando la nuova denominazione, anche nel caso in cui la trasformazione societaria non dia luogo alla creazione di un nuovo soggetto giuridico distinto da quello originario. Peraltro, trattandosi di una norma attuativa delle disposizioni sulla carta di circolazione, in caso di omissione, è prevista una sanzione amministrativa con il pagamento di una somma da euro 653 a euro 3.267. Ancorché la norma sia entrata in vigore lo scorso 7 dicembre, per l’effettiva applicazione del dispositivo si devono comunque attendere ulteriori istruzioni operative, tanto con riferimento agli aspetti soggettivi, quanto con riferimento agli aspetti procedurali. Quanto appena esposto è stato, infatti, ribadito dal Ministero delle infrastrutture e Trasporti (Circolare Min. Infrastrutture e Trasporti 6.12.2012 n. 3369L’art. 94 comma 4 bis del codice della strada prevede determinati obblighi di comunicazione, finalizzati all’aggiornamento dell’Archivio Nazionale dei Veicoli e dei documenti di circolazione, laddove un soggetto diverso dall’intestatario disponga di un veicolo per un periodo di tempo superiore a 30 giorni, rinviando al regolamento di esecuzione ed attuazione del codice della strada l’individuazione delle fattispecie ricadenti nelle nuova previsione legislativa.
Con la circolare prot. n. 300/A/11310/10/101/3/3/9 del 12.8.2010 il ministero dell’Interno aveva specificato che:
– nei predetti atti possono essere ricomprese tutte quelle situazioni in cui non è intervenuto di fatto un mutamento di proprietà o si prospetta un trasferimento che non potrà essere risolto entro il termine di 30 giorni (come per esempio, gli atti di successione fra eredi e le procedure fallimentari);
– occorreva comunque attendere l’emanazione di un regolamento per individuare realmente il campo di applicazione.
Al fine di consentire l’attuazione della predetta norma, si è resa necessaria una modifica del D.P.R. n. 495/1992, adottata con il D.P.R. 28 settembre 2012, n. 198, pubblicato sulla G. U. n. 273 del 22 novembre 2011, ed in vigore dal 7 dicembre 2012, che ha introdotto l’art. 247-bis, del codice della strada rubricato “Variazione dell’intestatario della carta di circolazione e intestazione temporanea di autoveicoli, motoveicoli e rimorchi “ il quale prevede, fra l’altro, che, a richiesta degli interessati, gli uffici del Dipartimento per i trasporti procedono all’aggiornamento della carta di circolazione dei mezzi di trasporto che siano nella disponibilità di un soggetto diverso dall’intestatario per periodi superiori ai trenta giorni.
Ad ogni modo, non si tratta di un passaggio di proprietà, tanto che l’operazione non va registrata al PRA (Pubblico registro automobilistico), ma solo alla Motorizzazione, che aggiornerà la carta di circolazione e l’Archivio nazionale veicoli.
L’entrata in vigore del suddetto provvedimento è stata fissata al 7 dicembre 2012, ma per l’entrata
a regime occorrerà aspettare l’attuazione del necessario sistema informatico. Questo è, in estrema sintesi, quanto chiarito dal Ministero dei Trasporti con la circolare del 6.12.2012 n. 33691.
Veicoli e atti oggetto dell’obbligo di modifica dalla carta di circolazione
L’operazione di annotare le generalità del soggetto che utilizza temporaneamente il veicolo per periodi superiori a 30 giorni sarà obbligatoria per gli autoveicoli, motoveicoli e rimorchi (sono quindi esclusi i ciclomotori).
Il nuovo adempimento si applica alle carte di circolazione dei predetti mezzi quando la disponibilità degli stessi è riconosciuta ad un soggetto (che non è anche l’intestatario), ma che comunque li utilizza in virtù di:
– un contratto di comodato;
– un provvedimento di affidamento in custodia giudiziale;
– contratti o atti unilaterali che determinino la disponibilità di un mezzo per oltre 30 giorni;
– noleggio a lungo termine, inteso come locazione senza conducente .
In particolare, si deve richiedere agli uffici della motorizzazione l’aggiornamento della carta di circolazione auto, sulla quale andranno annotati:
– il nominativo del comodatario, qualora la disponibilità temporanea derivi da un contratto di comodato;
– la scadenza del relativo contratto ovvero il nominativo dell’affidatario in caso di affidamento in custodia giudiziale.
Così, allo stesso modo, deve essere richiesto l’aggiornamento della carta di circolazione auto, per i veicoli che sono in disponibilità di soggetto diverso dall’intestatario, per periodi superiori ai trenta giorni, in forza di contratti o atti unilaterali,.
La nuova regolamentazione riguarda anche tutti i veicoli intestati a soggetti incapaci: in questo caso l’annotazione dovrà essere effettuata nei confronti del genitore esercente la potestà in caso di mezzo intestato a minore, mentre al tutore nel caso di interdetti o inabilitati.
Per la locazione senza conducente, invece, sarà sufficiente il semplice aggiornamento del CED, fermo restando che il locatorio sarà comunque tenuto a conservare durante la guida la fotocopia autenticata della carta di circolazione e la ricevuta dell’avvenuto aggiornamento.
Ad ogni modo, per attenuare l’onere burocratico in capo ai cittadini, nel caso di comodato, sono esentati dall’obbligo di aggiornamento della carta di circolazione i componenti del nucleo familiare, purché conviventi.
Adempimenti in capo al proprietario persona fisica e società o ente
In caso di variazione formale dell’intestatario della carta di circolazione e nelle ipotesi di disponibilità di veicolo, per più di trenta giorni, da parte di un soggetto diverso dall’intestatario, gli interessati dovranno informare entro trenta giorni, il Dipartimento per i trasporti, la navigazione ed i sistemi informativi e statistici che provvederà:
– all’annotazione sulla carta di circolazione delle generalità dell’utilizzatore;
– alla registrazione e all’aggiornamento dell’archivio nazionale dei veicoli, tenuto presso il Dipartimento per i trasporti terresti,
Nell’archivio nazionale per ogni veicolo vengono indicati i dati relativi alle caratteristiche di costruzione e di identificazione, all’emanazione della carta di circolazione e del certificato di proprietà, a tutte le successive vicende tecniche e giuridiche del veicolo, agli incidenti in cui il veicolo sia stato coinvolto.
L’adempimento appena commentato dovrà essere effettuato anche dalle imprese posto che, nella generalità dei casi, le auto sono date in uso ai dipendenti in forza di un contratto di comodato, mentre il soggetto intestatario del veicolo rimane comunque sempre l’impresa. Dovranno, quindi, essere aggiornati i libretti di circolazione di queste autovetture aziendali.
Esistono poi i veicoli aziendali “esclusivi”, quelli cioè non dati in uso promiscuo ad amministratori o dipendenti, rispetto ai quali sarebbe opportuno chiarire il concetto di disponibilità, precisando, ad esempio, se si debba aggiornare il libretto dell’autocarro che usano a turno gli operai addetti alla manutenzione, ovviamente solo nell’orario di lavoro.
Peraltro, sempre in capo alle imprese, è previsto l’obbligo di richiedere l’aggiornamento della carta di circolazione in caso di variazione della denominazione dell’ente intestatario dei mezzi per effetto di operazioni straordinarie di trasformazione o di fusione societaria, anche nel caso in cui la trasformazione o la fusione societaria non dia luogo alla creazione di un nuovo soggetto giuridico distinto da quello originario.
Regime sanzionatorio
Chi omette l’aggiornamento della carta di circolazione – ai sensi del comma 4 bis del nuovo art. 252 CDS – è soggetto alle seguenti ammende:
– sanzione amministrativa pecuniaria da euro 669 ad euro 3.345;
– ritiro immediato della carta di circolazione per il successivo aggiornamento.
Sul punto, si osserva che, sebbene l’obbligo di aggiornamento della carta di circolazione sia in vigore dal 7 dicembre 2012, non potranno comunque scattare le anzidette sanzioni: la motorizzazione civile non ha, infatti, ancora avviato le necessarie procedure informatiche per l’aggiornamento dei sistemi.
Quanto appena osservato è stato ribadito dal ministero dei trasporti con circolare 33691 del 6 dicembre 2012 secondo il quale “…le procedure informatiche necessarie al fine della concreta applicazione della nuova disciplina sono in corso di realizzazione e pertanto, al momento, non si rende possibile dar corso agli aggiornamenti dei dati d’archivio e dei documenti di circolazione dei veicoli in disponibilità di soggetti diversi dai relativi intestatari, con conseguente inapplicabilità delle sanzioni previste dall’art. 94 c.d.s. in relazione alle fattispecie per le quali trova applicazione il richiamato comma 4-bis.
Non appena sarà effettuata la messa in esercizio delle predette procedure informatiche, sarà cura di questa Direzione Generale darne tempestiva notizia con apposita circolare”.